Folklore sardo: niente da invidiare all’horror cinematografico

Ciao a tutti amici disturbati, finalmente inauguro la sezione del blog in cui si parla di libri e per l’occasione vi ho portato del materiale veramente interessante. Oggi vi parlo del folklore sardo e di alcune sue figure piuttosto…controverse. 

Il materiale è stato appreso da due libri principali: “Creature Fantastiche della Sardegna” di Fabio Orrù e “Creature Fantastiche in Sardegna” di Claudia Zedda. 

Prima di questi due volumi ho anche letto “Accabadora” di Michela Murgia, il cui romanzo però non approfondisce il lato folkloristico, quanto quello culturale e sociale di una Sardegna chiusa e superstiziosa, ma che mi ha comunque aiutato ad entrare nel clima di questa terra.

Di seguito trovate un menù per orientarvi all’interno dell’articolo, qualora voleste leggere solo di una figura nello specifico:


Creature inquietanti in Sardegna

Creature legate ai riti funebri e alla morte


Morte, la bella donna incavata

morte nel folklore sardo

Prima di introdurvi le due note figure di questa sezione, vorrei fare una breve digressione sulla figura della “Morte” che in Sardegna non è solo un concetto astratto ma una creatura a sé stante.

La Morte in Sardegna è una bellissima donna accompagnata da un corteo di anime e da dei cani. Vista frontalmente la Morte è una donna di notevole bellezza, prosperosa ed elegante, ma completamente scavata e vuota di spalle. Nell’incavo della schiena porta con sé una vanga, una pala, una catena ed una corda dai nodi infiniti: ne scioglie uno ogni volta che porta via una vita.

Alcuni isolani, desiderosi di vederla, usavano conficcare uno spillo sulla porta o sulla finestra della propria abitazione: si diceva che Morte, passando, si sarebbe fermata per raccogliere lo spillo e cucire/rattoppare i propri vestiti rovinati dai cani.

Accabadora, un boia “buono”

Accabadora con cappuccio nero, folklore sardo

Forse una delle figure più popolari, l’Accabadora non è una creatura fantastica, piuttosto un “ruolo” ricoperto da donne sarde tempi addietro. 

La figura dell’Accabadora non è da intendersi in senso negativo, l’Accabadora non era una donna cattiva o malevola, si trattava in realtà di donne che si proponevano di mettere fine alla vita di coloro che stavano soffrendo eccessivamente, di persone la cui esistenza era oramai compromessa definitivamente, malati terminali, insomma, una sorta di eutanasia casalinga.

Di questa figura ne parla Michela Murgia nel suo romanzo “Accabadora”, in cui si racconta di come queste figure fossero estremamente “riservate”, non si andava in giro a dire di aver chiesto l’aiuto dell’Accabadora così come non si diceva di esserlo: ed è per questo che spesso se ne smentisce l’esistenza, non ci sono molte prove concrete a riguardo.

Attitadora, la lamentatrice funebre

Attitadora che piange e dispera ad un funerale, folklore sardo

Figura legata strettamente al rito funebre è l’Attitadora, che come l’Accabadora non è una creatura ma una donna con un ruolo specifico: lamentarsi, piangere e disperarsi ai funerali.

“Attittidu” in sardo significa, appunto, lamentazione funebre.

Il rito funebre prevedeva la sistemazione del defunto con i piedi verso la porta aperta (per permettergli di uscire), finestre aperte e richiuse subito dopo la morte (sempre per permettere allo spirito di uscire) e specchi coperti, per evitare che l’anima vi rimanesse impigliata.

Insomma, di base i sardi avevano una gran fifa che l’anima del morto restasse intrappolata in casa loro. Certo, lo avevano amato, ma sicuramente lo temevano anche.

Anche le Attitadoras giocavano un ruolo in questo “allontanamento”, la loro dimostrazione di dolore straziante serviva come prova al defunto del dolore sincero dei parenti, insomma, per evitare che il fantasma di Zio Antonio tornasse incazzato dal purgatorio perché “ragazzi tutto sommato non mi avete pianto abbastanza quindi vi tormenterò per il resto dell’esistenza”.

Creature legate al culto dell’acqua


Elemento carico di magia è sicuramente l’acqua, si riteneva che spiriti benigni o maligni risiedessero all’interno degli specchi d’acqua, ed era appunto per questo che era necessario fare uno scongiuro tutte le volte che si bevesse dell’acqua o ci si lavasse il volto, per evitare di essere posseduti eh, come al solito.

L’acqua era anche utilizzata durante le ordalie, serviva soprattutto a smascherare i bugiardi: difatti, qualora l’imputato stesse mentendo, toccando l’acqua avrebbe perso momentaneamente o definitivamente la vista, mentre in caso di innocenza questo avrebbe subito un “potenziamento” della vista.

Dunque l’acqua è sicuramente un elemento importantissimo in Sardegna, vediamo alcune delle creature legate a questo elemento:

Maimone, divinità pluviale successivamente demonizzata?

Mamuthone

Nell’antica città di Iglesias sorgeva un pozzo che si dice fosse protetto da un demone, questo demone veniva venerato e invocato dai sardi, soprattutto nei periodi di siccità.

La creatura in questione, di nome “Maimone”, era presumibilmente un demone degli elementi: capace dunque di controllare la pioggia, fondamentale per una popolazione che vive di agricoltura e allevamento.

Il Maimone si dice avesse il corpo di un uomo e la testa di una capra, con lunghe corna arricciate. 

Pur essendo un “demone”, il Maimone era sostanzialmente neutro nel suo agire: benevolo con chi si dimostrava generoso e rispettoso nei suoi confronti, vendicativo e malvagio nei confronti di chi osava mancargli di rispetto o danneggiare il pozzo.

Ci sono mille altre interpretazioni legate a questa figura, ma una delle più comuni è sicuramente legata al ruolo di genio dell’acqua.

Anche l’etimologia della parola è molto variegata:

  • dall’ebraico “mam”, pronunciato “maim”, il cui significato è “acqua”,
  • Maimone come degradazione di “mainoles”: il pazzo, il furioso (spesso usato per riferirsi a Dioniso)
  • “Maimone” a Sassari veniva usata per indicare il Diavolo.

E’ molto probabile che questa antica divinità pluviale sia poi stata “demonizzata” con l’arrivo del cristianesimo.

Comunque, non vi ricordano un po’ i Krampus?

Streghe dei pozzi

Pozzo per le streghe sarde dei pozzi

Tutte con nomi diversi ma con lo stesso scopo: custodire i pozzi e divorare e far del male a coloro che osano avvicinarsi. Le streghe dei pozzi sono nate proprio per tenere i bambini lontani dai pozzi. Sono rispettivamente:

Maria Pettenedda – La strega “spettinata”

Descritta come una donna molto anziana, era nota per i suoi lunghi capelli che pettina ossessivamente, senza mai riuscire a sistemarli: chiaramente, questa cosa la irritava parecchio, rendendola sempre arrabbiata e poco propensa alle visite nel suo pozzo.

Chiunque si fosse avvicinato al suo pozzo, sarebbe stato acciuffato con uno dei suoi lunghissimi artigli.

Maria Abbranca – Maria “mano di ferro”

La tradizione la vuole custode del pozzo di Su Golgone, originariamente una bellissima sacerdotessa, con il tempo il suo aspetto mutò, fino a renderla la creatura orripilante di cui si racconta. 

Chiunque osi avvicinarsi al suo pozzo, verrà trascinato giù con uno dei suoi uncini di ferro e divorato.

Le “Panas” lavandaie notturne mansuete ma guai a farle incazzare

Vestiti lavati dalle Panas

Le Panas sono suggestive creature connesse strettamente con il mondo acquatico. Si suppone che il nome “panas” derivi dal greco “panus”, ossia “gonfiore”.

Le panas erano donne morte di parto: dovete sapere che questo genere di morte era piuttosto comune all’epoca, tant’è vero che la donna veniva considerata in stato di pericolo per quasi 40 giorni, e di fatti c’era il detto che “la sepoltura della partoriente resta aperta per quarante giorni”, dopo di che si poteva considerarla fuori pericolo.

La pena da scontare per queste povere anime dannate era quella di lavare i panni del bambino morto, sulla riva di un fiume, tutte le notti per sette anni.

Questi esseri erano generalmente innocui, ma se disturbati si dimostravano piuttosto ostili: parlare o interrompere il lavoro delle panas significa costringerle a ricominciare la propria pena tutta da capo, per sette nuovi lunghi anni: diciamo che un po’ le capiamo se si incazzano a morte e vi tirano in faccia acqua e oggetti corrosivi.

Streghe e altre creature del folklore sardo


Cogas – Streghe vampiri

Cogas, streghe vampiro che succhiano il sangue dai neonati

Leggendo del folklore sardo, questa è una delle figure che più mi ha fatto sorridere: non tanto per la figura in sé, quanto per l’approccio dei sardi a questa figura.

Dovete sapere che le “Cogas” (da coquus, cuocere, relativo all’abilità delle streghe di cuocere erbe), streghe vampiri terribili, note per andare a ciucciarsi il sangue dei neonati prima del battesimo, sono creature particolari: le Cogas sono tali per nascita, sono le bambine che nascono la notte di natale a mezzanotte o la settima figlia femmina.

La tradizione parla di una “condanna” a tutti gli effetti, voluta dal Demonio ma più spesso da Dio. 

Essere una strega è una condanna, perché la donna non trae alcun vantaggio da questo status, anzi addirittura spesso fa del male ai propri cari, nutrendosi dei propri figli, siccome si tratta di una natura “involontaria”.

E’ dunque incredibile che nella tradizione sarda questa non rappresenti la creatura malvagia per eccellenza, è temuta, rispettata e in un certo senso quasi “capita”.

Sisinnia Koga – Un caso particolare

Provate a pronunciare velocemente questo nome: cosa vi sembra? Ebbene, c’è una certa somiglianza alla parola “sinagoga”. Si suppone che questa “creatura” sia nata proprio così: i credenti sardi devono aver frainteso la parola pronunciata durante una messa ed hanno così fatto nascere questa donna indemoniata, dalla testa gialla e il becco aguzzo!

Musca Macedda, “mosca macellaia”

illustrazione della mosca macedda

La “Musca Macedda” è sicuramente una creatura insolita: un insetto dalle dimensioni più o meno grandi (quanto una pecora o quanto la testa di un bue) le cui punture sono mortali.

Alcuni suppongono che dietro questa figuri si celi quella della cavalletta: flagello che compromette il raccolto ed affama la popolazione.

Generalizzando, la Musca Macedda rappresentava un po’ tutti gli inconvenienti che capitavano durante la coltivazione e la pastorizia.

Questo insetto dunque rendeva sterili le campagne, uccideva gli animali, gli uomini ed interi paesi! Ma tra i suoi compiti principali c’era anche (e soprattutto) quello di proteggere i tesori sardi.

Si dice infatti, che il ricercatore di tesori, si trovi spesso dinanzi a due scatole identiche: una contenente il tesoro e l’altra la Musca Macedda, aprire la scatola sbagliata significava perdere la vita. Per questo, molti tesori si nascondono ancora lì dove furono, perché molti ricercatori, pur avendoli trovati, non hanno avuto il coraggio di rischiare.

“Ammuntadore”, l’incubo secondo i sardi

L'incubo sardo, Ammuntadore

Diverso per ogni zona (come ogni creatura del folklore!) l’Ammuntadore concordano un po’ tutti nel definirlo una piccola creatura demoniaca, in cui scopo è appoggiarsi sul petto del dormiente, infastidendolo.

Ci sono due versioni di questa creatura: una prettamente maligna, dunque un demone che si poggia sul dormiente creando un senso di oppressione e soffocamento, e un’altra variante meno malevola e più burlona, “Pindacciu”.

Questi esseri sono piccoli, paffuti ed hanno 7 berretti (o un berretto con 7 pieghe), chi riesce  a rubargli il berretto avrà diritto ad un tesero.

Esiste anche una versione femminile dell’incubo, la “Palpaeccia”, una vecchia che la notte di Natale pone una pietra sulla pancia dei bambini inappetenti.

Un’ulteriore variante è quella del “Surtore”, non una creatura fantastica ma persone reali che oltre ad opprimere, succhiano anche il sangue.

Tradizioni inquietanti in Sardegna

Is Animeddas – La cena dei morti

bambini vestiti per la festa is animeddas

Mi è bastato leggere delle descrizioni di questa tradizione per innamorarmene e sentire gli odori tipici del periodo. So che vi ho promesso tradizioni inquietanti, ma questa diciamo che è una via di mezzo: parliamo di un Halloween tutto sardo.

Mi fa strano leggere che questa festività era (è ancora? non lo so) così sentita in Sardegna, ma d’altronde parliamo di una tradizione di matrice pagana, dove poteva mai attecchire se non nel territorio sardo?

Is Animeddas si festeggia proprio nel periodo di Halloween, in quel periodo dell’anno in cui si ritiene che il velo sottile che divide i vivi dai morti si assottigli, e molti di questi fanno ritorno a casa.

E cosa fanno i sardi per accogliere i loro antenati defunti? Quello che fanno sempre: li accolgono calorosamente preparando una bella tavola imbandita…però i coltelli magari li teniamo da parte, che non si sa mai…metti sempre che Zio Antonio torna incazzato e vede che gli hanno lasciato due fave in croce…

Tornando a noi, questa tradizione era strettamente legata al periodo della semina: gli agricoltori sapevano bene che rabbonirsi i defunti significava garantirsi un raccolto fruttuoso.

Tra i cibi che venivano serviti ai morti: fave, noci, nocciole, castagne…e c’è qualcosa di estremamente simbolico in questa scelta: la frutta secca ha la capacità di conservarsi per lungo tempo, sembra quasi “morta” ma in realtà appena la si posa nel grembo della terra, questa germoglia, esattamente quello che sperano di fare i defunti che, morti o meglio in sospeso, tornando sulla terra, sperano di rinascere.

Proprio come l’Halloween che conosciamo, anche per questa festività i bambini vanno in giro a raccogliere i dolciumi “per le anime”.

Geronticidio e riso sardonico

maschera che rappresenta il riso sardonico
Maschera che rappresenta il riso sardonico

Ed eccoci al rito (o tradizione) più folle. Il geronticidio è la cerimonia con cui i figli uccidevano i propri padri una volta che questi avessero raggiunto i 70 anni di età. Il rituale doveva andare più o meno così: il vecchio (consapevole) veniva accompagnato su un dirupo, bastonato dai figli e poi gettato nel vuoto, tra risate disumane.

Perché questa cosa? Alcuni hanno supposto che questo rito potesse essere un modo con cui liberarsi di chi non più “utile” socialmente, al fine di poter razionare meglio le proprie risorse. Tuttavia, questa motivazione non sembra stare molto in piedi: in Sardegna ne erano pochi e la terra era fertile.

Forse il significato migliore di questo rito di passaggio è da ricercarsi nel rituale dell’”uccisione del re divino”, diffuso in Medio Oriente e Africa.

Il re divino era l’essenza stessa della comunità e ne garantiva la sua sopravvivenza, esso risiedeva in un corpo umano e si sarebbe potuto tramandare solo attraverso l’uccisione del dio uomo (quindi NON per morte naturale). Il figlio, uccidendo il padre (dio uomo), avrebbe poi fatto esso stesso da contenitore dello spirito del re divino. Questa teoria guadagna credibilità nel momento in cui si suppone che molto probabilmente non tutti i vecchi fossero sottoposti a questo trattamento, ma solo certe figure di spicco.

In merito alle risate disumane, ci sono varie teorie tutte relative all’uso di un’erba, quella che trovo particolarmente interessante è quella del prezzemolo del diavolo: pare servisse ad alleviare la sofferenza del vecchi e ad accelerarne la morte, altra ancora è la oenanthe fistulosa, utilizzata per forzare i muscoli del viso nella tipica espressione grottesca.

Il senso di questo gesto è da ricercarsi nella volontà di dimostrarsi stoici durante il terribile atto.

Pare che anche i pazienti affetti da tetano assumano in volto la tipica espressione di “riso sardonico”.

Conclusioni

Ebbene eccoci arrivati alla fine, so che è stato un articolo sostanzioso ma spero vi sia piaciuto. Io mi sono divertita un casino a leggere di queste storie e di queste creature e sono rimasta un sacco stupita dal bagaglio folkloristico sardo. NGL questi isolani sanno il fatto loro.

Aggiungo inoltre che tutte le storie riportate sono tutte molto “variabili”, spesso di una sola leggenda ci sono un sacco di versioni diverse.

BEH ENJOY E FATEMI SAPERE SE CONOSCETE ALTRE COSE INQUIETANTI SULLA SARDEGNA!

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Lorena | Horrornauta.it

Mi piace l'horror inusuale, quello che si insinua sotto la pelle e ti spaventa perché simil-realistico. L'inquietudine di guardare qualcosa che tutto sommato, potrebbe tranquillamente presentarsi nel mondo reale. Scrivimi a hello@horrornauta.it.

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